Il sacrificio della balena sacra

by / 5 Luglio 2023

Traduzione a cura di Filippo Scafi.

Al largo delle coste settentrionali dell’Europa un incontro ha luogo. Il suo oggetto è il Grindadráp, l’antica e sacra caccia alle balene delle isole Fær Øer, e racconta della tensione tra modernità e tradizione, tra mito ed efficienza, progresso e identità. Chaosmotics prosegue la sua analisi sulla mitopoiesi attraverso questo estratto dalla penna di Nicklas Quirós, parte del primo viaggio collettivo di Inland Magazine attraverso i mondi e le pratiche di alcuni dei Paesi più nascosti e isolati della Terra.

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Secondo Diogene Laerzio, quando Platone diede l’ironica definizione dell’uomo come “bipede senza piume”,
Diogene spennò un pollo e lo portò nell’Accademia di Platone, dicendo:
“Ecco! Vi ho portato un uomo”, e così l’Accademia aggiunse alla definizione
“con unghie larghe e piatte”. 

Nelle oscure profondità dell’Oceano Atlantico settentrionale, creature come balene, foche e delfini hanno interagito con le culture e gli immaginari umani per millenni. I cetacei sono stati rappresentati come esseri ambigui, appartenenti al divino, al demoniaco e che simbolizzano la potenza degli stati. § Miti e prospettive religiose sulle balene si incontrano alle Hawaii, dove queste appaiono come entità divine  e al contempo fisiche, provenienti dalla luce e dall’oscurità. Anche nella cosmologia Maori le balene sono considerate sacre, dacché indicano alle tribù dove insediarsi. Allo stesso modo, le orche svolgono un ruolo centrale nei miti delle origini delle regioni nord-occidentali americane tra le comunità Tlingit e Haida. Qui esse, simboleggiando un grande potere dai tratti onirici – terrificante per molti animali –operano come protettori degli esseri umani.

Nella saga vichinga di Örvar-odds, l’oceano è rappresentato come un mondo ultraterreno, un mare in cui vivono i mostri Hafgua e Illhveli. Queste creature marine sono tra le più malvagie e spietate conosciute nelle Saghe, in quanto capaci di ingoiare le navi di passaggio, gli uomini e le altre balene che si presentavano come scogli, rocce e isole ricoperte di erica emergenti dalle acque torbide. L’incontro con mostri marini e animali come i cetacei affascina queste reti culturali immaginate ma incarnate. I loro poteri segreti sono sempre stati lontani dalla portata dell’uomo a causa della loro esistenza numinosa. Tuttavia, è in queste esperienze sublimi che si percepisce la tensione tra il mondo umano e la feticizzazione dei cetacei. §

Sulle coste di Tórshavn ha luogo un evento drammatico. Le balene pilota che migrano attraverso la corrente nord-atlantica predando calamari, vengono avvistate durante il loro passaggio nei pressi dell’arcipelago delle Faroe. Nuotano a grande velocità, per poi perdersi, catturate in un’antica trappola norrena. La caccia rituale Grindadráp ha inizio quando le balene attraversano i confini interni delle isole; i pescatori delle Faroe pianificano questa caccia per mesi. In poco tempo, le loro rapide barche a motore approfittano dello stordimento delle creature, mettendole all’angolo sempre più vicino ai bordi delle coste basaltiche. Le balene pilota tentano disperatamente di allontanarsi a nuoto.

In cerca di una via di fuga, il loro sforzo è governato dalla confusione. Il branco, accerchiato dalle barche a motore, teme agonizzante per la propria vita. Si avvicinano sempre di più al luogo in cui gli altri Faroesi attendono il pescato del giorno. Una volta giunte, i cacciatori faroesi le trafiggono con coltelli, arpioni e ami, massacrando la maggior parte di loro in un istante. Le più fortunate riescono a sopravvivere fino al giorno dopo. Centinaia di persone assistono con grande trascinamento alla caccia rituale in corso; è un’esperienza estatica, e uno scenario crudo. Nel giro di qualche mese, i faroesi si nutriranno di questo loro lavoro. Oggi è stato versato del sangue, e le coste sono tinte di rosso a darne testimonianza. §

Il rituale ha inizio con il grindaboð, quando il branco di balene pilota viene scoperto, e la loro presenza viene comunicata ad altre persone lontane nell’arcipelago. In passato, la comunicazione avveniva attraverso un sistema intricato, ma ora le radio e i telefoni cellulari risultano assai più efficienti nel far girare la voce da un luogo estremo delle isole alle città più vicine, dove gli è possibile mettere in atto  l’accerchiamento del branco formato dalle balene pilota.

Tutti i partecipanti, eccitati per questo rituale, corrono, guidano e navigano verso il luogo in cui il branco potrebbe venir abbattuto. Le grindahvalur, il nome faroese di questi cetacei mentre sono in vita, cercano un modo per sfuggire alle dure condizioni moderne della caccia. Guidate dal loro capobranco, rimangono sconcertate dalle vibrazioni create dai motori delle imbarcazioni, elemento che influisce sulla loro ecolocalizzazione. Le balene vengono prima messe all’angolo dalle imbarcazioni che, creando un semicerchio, le orientano intenzionalmente nella direzione utile, verso la riva. Successivamente, nella grande confusione, le balene pilota vengono infilzate da lance specializzate o da ami in grado di penetrarne gli sfiatatoi. Una volta a riva, i Faroesi usano il loro coltello artigianale, il grindaknúvur, per tagliare in qualsiasi modo e rapidamente la balena lungo la spina dorsale.

Le balene pilota vengono abbattute dai cacciatori, la cui scelta dell’arma parla della loro caccia personale, utilizzando l’arpione solo come ultima risorsa. Ciò risulta evidente dal fatto che le strategie e le tecniche di caccia delle isole Faroe sono orientate a rendere l’uccisione di questo animale sacro il più efficiente e indolore possibile, ideando nuovi strumenti e seguendo regole e norme rigorose sulla pratica. Le coste mostrano il drammatico rosso scuro del sangue delle balene pilota, sacrificate e trasformate in una nuova condizione, caratterizzata dalla “macinatura” – paragonabile a quella di un maiale che diventa carne trita o di una mucca che diventa bistecca di manzo. Questa progressione liminale dall’oggettivazione delle balene pilota dal grindahvalur alla macinazione svela ciò che vi è di sacro nel Grindadráp. Le carcasse giacciono sulla riva e ognuna di esse viene immediatamente eviscerata e dissanguata per evitare che il macinato si decomponga, lasciato all’incuria. 

Il simbolismo umano inizia con estrema precisione. I cacciatori devono pagare una piccola tassa per ogni balena pilota uccisa. Ben presto nella pratica rituale, i legislatori assumono il controllo degli eventi, e la macinazione inizia contando, misurando e dividendo – azioni che mostrano la trasformazione liminare dalla vita alla morte.

Subito dopo la caccia, gli anziani delle Faroe dividono la macina, distribuendo una parte equa prima ai deboli e agli anziani, poi a ciascuna persona che rappresenta ogni villaggio che partecipa al Grindadráp.

Il momento della distribuzione equa del macinato viene chiamato dai faroesi grindadistrikt. L’ultimo stadio, quello liminale, del grinahvalur (la balena pilota viva), avviene nel momento in cui il corpo dell’animale viene aperto e mangiato dopo mesi di preparazione. 

La configurazione di congregazione del Grindadráp viene rievocata con un antico rituale celebrativo di canti e danze. Il popolo faroese festeggia estasiato il grindadansur intonando canzoni, agitando i corpi e raccontando l’antica storia della caccia. Un’altra canzone è il dansiringur, l’Anello dei danzatori: si celebra con enfasi in danze circolari, riproducendo la caccia in cerchio più e più volte, e mostrando la mitologia che ha tenuto unita la comunità per millenni. 

Le ballate sulle guerre e i tempi eroici si susseguono per tutta la celebrazione.

Il Grindadráp unisce il senso di benessere e la cultura delle Faroe: le è stato persino attribuito uno status all’interno della legge della Chiesa cristiana, dove la carne di balena era classificata come cibo freddo, poiché proveniva dal mare e, come il pesce, veniva mangiata il venerdì e nei giorni festivi. I giorni di digiuno venivano accompagnati dalla carne di balena pilota. L’arte cristiana della comunione e dell’amore verso la comunità è affine al Grindadráp. Tenendo conto di ciò, si può comprendere il perchè del numero crescente di adepti che si uniscono alla Chiesa cristiana. Ciò che questa analisi del Grindadráp mostra, però, è che esso rispecchia dall’interno l’attuale mondo faroese. La cultura faroese è totalmente caratterizzata dalla comunione spirituale, dal senso di benessere e dalla sopravvivenza in condizioni ambientali estreme, mediate dal rituale di caccia. Ciò significa che se questo senso unitario di comunità si disintegra eliminando il proprio principale rituale di creazione di significato, ne consegue che la cultura stessa, implodendo, sarebbe destinata alla disintegrazione.  

Questa caccia rituale prometeica fa parte della cultura faroese da più di mille anni, e ne si hanno informazioni fin dal 1584. Il Grindadráp conosciuto oggi, tuttavia, si sta avvicinando alla sua dismissione. 

La caccia prometeica è stata inquinata dallo strano avvento del mercurio nella carne e nel grasso della balena pilota – fino a che punto il mercurio striscia nelle vene delle Faroe? Da dove possiamo iniziare la ricerca? §

Fino agli anni ’40, le Isole Faroe sono rimaste per lo più isolate e autosufficienti. La globalizzazione e le innovazioni tecnologiche hanno accelerato la trasformazione di questa società, evocando un conflitto interno alla loro stessa cultura. La visione industriale del mondo ha cambiato la totalità della società faroese trascinando con sé nuovi problemi: sebbene tale inedita visione del mondo abbia portato il lato positivo delle tecnologie moderne, dei beni, i servizi, le infrastrutture, i trasporti e le medicine, essa è stata anche latrice degli aspetti oscuri di tali innovazioni. Gli sprechi massicci, l’inquinamento estremo in tutte le sue forme e l’ottimizzazione delle armi ne sono un esempio: questi mutamenti hanno reso più facile la caccia e l’agricoltura ma, per quanto abbiano portato a effetti positivi nel breve periodo, hanno di contro implicato anche la riduzione della varietà di specie animali. In questa interazione tra la nuova illuminante mentalità tecnologica e i lati oscuri del Brave New World, vivono le isole Faroe. 

Come possiamo comprendere gli attuali cambiamenti che la cultura faroese subisce in contrasto con le moderne crisi riguardanti l’etica, la tecnologia, il genere, i diritti degli animali, le infrastrutture, la sostenibilità, la salute e la finanza che oggi travolgono la maggior parte delle società del mondo? E soprattutto, come possiamo comprendere il contesto della società faroese riguardo a una caccia rituale sacra, mentre essa è sottoposta a un massiccio esame da parte della comunità scientifica, dei media stranieri e degli attivisti, i quali chiedono una brusca interruzione con il mondo globale? §

Alcuni scienziati e vari attivisti stranieri sostengono che le usanze delle Faroe sono obsolete, e richiedono il passaggio a quelle che considerano pratiche più etiche e che non comportino più l’uccisione di balene pilota dalle pinne lunghe sulle coste delle Faroe. Tali pratiche di caccia sottintenderebbero un’incapacità di comprendere che si tratta di animali coscienti che provano dolore proprio come noi. Gli attivisti che percepiscono lo scenario del Grindadráp come raccapricciante accusano per tale ragione i faroesi di essere selvaggi o barbari. Ma un tale approccio è in fondo problematico allo stesso modo.

Qualsiasi società che abbia subito un qualsiasi tipo di imperialismo o colonialismo è chiaramente contraria a chiunque presupponga una posizione morale superiore a quella dei locali senza lo sforzo di comprendere il senso della ritualità. I medici delle Faroe, e non solo, sanno che il Grindadráp ha una data di scadenza e che il grasso e la carne di balena contengono una quantità di mercurio tossica per l’uomo. Dosi elevate di tale metallo possono causare effetti disastrosi per la salute del nostro sistema nervoso, danneggiare il sistema immunitario, aumentare la possibilità di ammalarsi di Parkinson, arteriosclerosi, diabete mellito di tipo 2, pressione alta.

La carne di balena pilota, è quindi chiaro, non è più adatta al consumo umano a causa dell’esposizione a lungo termine al mercurio. Gli attivisti e la comunità medica pongono in essere rivendicazioni estremamente ragionevoli; tuttavia i primi hanno assunto una posizione motivata dai media stranieri che demonizzano il popolo faroese, spesso brutalmente. Tale prospettiva non tiene conto di un’analisi antropologica congruente, perché non si sono interrogate o studiate a sufficienza le basi e le reti culturali del Grindadráp, né tantomeno la crisi che l’inquinamento da carne di balena pilota comporta per una cultura che dipende da essa da più di mille anni.   §

Se vogliamo comprendere il rituale del Grindadráp, dobbiamo immergerci nella prospettiva della popolazione locale. Dobbiamo comprendere il senso della “natura” dei tradizionalisti e perché agiscono in un certo modo o credono in certe cose. Tra queste credenze troviamo i troll, le sirene e i miti degli Huldufólk

I tradizionalisti delle Faroe criticano i faroesi moderni, sulla base del fatto che questi ultimi hanno accettato senza esame le tecnologie del mondo moderno, potenziando i loro motoscafi, le proprie armi e accedendo all’elettricità, cose che non solo hanno cambiato il paesaggio delle Faroe, ma hanno anche trasformato e violato le loro credenze. 

Gli Huldufólk simboleggiano una visione del mondo in bilico tra mito e realtà, e hanno una lezione da insegnarci:rappresentano un monito per il mondo moderno; chi sono questi misteriosi esseri faroesi e perché è importante menzionarli nel contesto del Grindadráp

I tradizionalisti raccontano che in passato le Fær Øer si trovavano in una condizione di unità ed estremo accordo con la natura. Le sirene vagavano per i mari e gli Huldufólk soprannaturali, che sembravano una sorta di elfi dai capelli grigi, vivevano dietro le rocce e i tumuli. Erano in unità con la natura e si manifestavano persino nelle persone, possedendole o guidandole. Essi sono diventati la spiegazione dei Faroesi per eventi come la scomparsa di bestiame e per la capacità degli animali di ritrovare la strada di casa. Gli Hudufólk sono la personificazione della natura e sono spesso responsabili di disturbi ecologici –o della buona sorte.

L’estinzione mitologica degli Huldufólk inizia con l’avvento dell’elettricità e ci offre un breve saggio del Grindadráp stesso. Le leggende narrano che prima che l’elettricità fosse portata alle Faroe, le isole si trovavano coperte dall’oscurità. Quando iniziarono le prime innovazioni tecnologiche, gli Huldufólk, spaventati dalla luce, scomparvero dalle isole. I loro spiriti incarnano le antiche rocce e le colline e disturbarli implica abbandonare alla fragilità l’ecosistema faroese: gli abitanti dell’arcipelago sono in questo modo portati a riflettere due volte prima di agire in opposizione agli Huldufólk. Il parallelo tra gli Huldufólk e le nozioni faroese di natura e luce mostra una maggiore profondità quando si esaminano le fonti di energia di cui le isole facevano uso in precedenza. 

Prima che l’elettricità arrivasse alle Faroe, ciò che alimentava candele e altre luminarie proveniva dall’olio delle balene pilota. Un esempio è dato dalle lampade a olio delle isole Fær Øer, che rifornivano costantemente le candele nei luoghi sacri e sugli altari, giorno e notte. Olio che veniva utilizzato sia per la luce che per la purificazione della Sacra Bibbia, la quale, tradizionalmente, veniva unta per essere purificata.

Le differenti parti del corpo dei cetacei avevano varie funzioni come sostituto di diversi materiali che nella visione moderna del mondo non sono più necessari. Gli Huldufólk, per coincidenza, avevano paura della luce e sono scomparsi una volta che le nuove tecnologie sono arrivate alle Faroe. In questo senso, gli Huldufólk simboleggiano il decadimento ecologico, il fato e il destino, e hanno abbandonato le Faroe quando queste hanno iniziato a industrializzarsi. Ciò che storicamente ha avuto l’utilità di indicare loro la strada da percorrere nelle isole, ha facilitato la sopravvivenza degli abitanti delle Fær Øer nell’imminente oscurità del nord. 

Le balene pilota fornivano agli abitanti delle Fær Øer gran parte del loro cibo invernale, ma anche il combustibile. Tutto ciò che usciva dalle balene pilota veniva utilizzato per un motivo: come galleggiante per le reti, come giocattoli per i bambini, come spago: molti altri utili manufatti dimostravano l’importanza della balena pilota dalle pinne lunghe e di altri cetacei. La fondamentalità di questo primo bene industriale non deve essere sottovalutata; lo stesso olio di balena serviva a lubrificare le macchine industriali durante il primo processo nord-atlantico verso il moderno “progresso” tecnologico. L’olio di balena era intensamente ricercato da tutte le superpotenze mondiali alla fine del 1800.

In questa prospettiva, sia gli Huldufólk che il Grindadráp sono tradizioni complesse che mantengono ancora una importante rilevanza in una cultura che ha subito carestie, peste e rappresenta uno degli ecosistemi più difficili del pianeta per l’attività agricola. La carne di balena non li ha mai abbandonati prima d’ora, perché può essere mangiata anche dopo lunghi periodi, grazie ai processi di salatura ed essiccazione. Ogni singolo pezzo viene utilizzato e nessuno va sprecato, cosa inconcepibile ai giorni nostri. La carne può essere consumata nei sette mesi di buio quasi assoluto. Ogni volta che c’è una cattiva stagione per l’agricoltura, possono contare su quella carne. I tradizionalisti tengono molto alle loro usanze e sono ben consapevoli che il loro ecosistema e la loro cultura stanno cambiando. Percepiscono l’attuale declino ecologico come un chiaro esempio dell’inquinamento presente nelle Isole Faroe e all’estero. Secondo la prospettiva tradizionalista, la caccia alle balene o ad altre creature non è responsabile delle catastrofi ecologiche, ma è l’uomo moderno che con le sue costruzioni, i suoi porti, i suoi tunnel e i suoi motoscafi ha contribuito a inquinare la terra e a renderla inabitabile. Per i tradizionalisti è evidente che l’attuale mondo moderno è inquinato, sia spiritualmente che letteralmente. È contro l’inquinamento della modernità che essi lottano. Si trovano di fronte a una crisi in cui sia l’esilio degli Huldufólk sia il bioaccumulo di mercurio nella carne e nel grasso della balena pilota sono un ultimatum per lo stile di vita moderno. §

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Nicklas Quirós Van Outrive è un filosofo e antropologo messicano e belga, che si interessa di come le società e la cultura si adattano al Brave New World. I suoi interessi spaziano dalla comprensione della provenienza del cibo, al modo in cui nascono i sistemi di credenze, fino all’avvento di innovazioni scientifiche come l’intelligenza artificiale, capaci di cambiare il mondo per come lo conosciamo ora. Vive a Città del Messico e lavora come consulente artistico.

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Nata dal desiderio di mostrare il mondo reale che nessun turista ha mai visto, Inland è una nuova rivista che si propone di esplorare la cultura di alcuni dei Paesi più nascosti e isolati della Terra, al di sopra di ogni stereotipo. È un invito a partecipare a un’esperienza di viaggio immersivo, oltre la chiacchiera. Attraverso una narrazione documentaristica, tra fotografia e design, Inland intende dare visibilità alle diverse esperienze personali e specifiche in Paesi altrimenti spesso percepiti come omogenei, aprendo così prospettive più ampie su questi luoghi sconosciuti e sugli individui che li abitano.

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