Saggio sull’esotismo

Dell’esotismo come estetica della diversità

by / 31 Ottobre 2023

Estratto da V. Segalen, Essay on Exoticism: an Aesthetics of Diversity, tr. ing. Y. R. Schlick, Duke University Press, 2001 [copyright originale detenuto da éditions Fata Morgana, che ringraziamo per la gentile concessione: V. Segalen, Essai sur l’exotisme: Une esthétique du divers, 1978].

Fu nell’arco della sua breve vita, all’inizio del XX secolo, che Victor Segalen designò l’esotismo “come il candidato più adatto a proteggere la vita contemporanea dall’implacabile banalità prodotta dalla trasformazione del capitalismo in imperialismo e colonialismo della società di massa”1. La sensazione che un sacrificio segreto si stesse compiendo al cuore della civiltà, e una presunta soluzione a quella cospirazione. Che cos’è l’Altro, spogliato di tutte le proiezioni e di tutte le tendenze oggettivanti? Cosa devo “io” all’Altro, cosa chiede l’Altro? Nel tentativo visionario di scoprire il mondo come luogo di un’estraneità e di un’impenetrabilità irrisolvibili, Segalen anticipa alcuni dei temi e delle prospettive poststrutturaliste della seconda metà del secolo scorso.

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Introduzione: L’idea di esotismo. Diversità. 

In primo luogo, sgombrare il campo. Gettare a mare tutto ciò che di abusato o di rancido è contenuto nella parola esotismo. Spogliarla di tutti i suoi fronzoli da quattro soldi: palma e cammello; casco tropicale; pelli nere e sole giallo; e, allo stesso tempo, sbarazzarsi di tutti coloro che l’hanno usata con una loquacità insensata. Il mio studio non riguarderà i Bonnetain o gli Ajalbert di questo mondo, né i programmi offerti da agenzie di viaggio come Cook, né i viaggiatori frettolosi e verbosi….2 Che compito erculeo sarà questo stucchevole pianto! Poi, spogliate la parola esotismo del suo significato esclusivamente tropicale ed esclusivamente geografico. L’esotismo non esiste solo nello spazio, ma dipende anche dal tempo.

Da qui, si passa rapidamente al compito di definire ed esporre la sensazione dell’Esotismo, che non è altro che l’emozione della differenza, la percezione della Diversità, la consapevolezza che qualcosa è altro da sé; e la forza dell’Esotismo non è altro che la capacità di concepire altrimenti. Essendo arrivati a questa progressiva contrazione di una nozione che era così vasta in apparenza da sembrare inizialmente includere il Mondo e tutti i Mondi; avendola spogliata delle innumerevoli coriazioni, difetti, macchie, organismi fermentanti e muffe che un uso così continuo da parte di tante bocche, di tante mani turistiche prostitutrici, le hanno lasciato;

Dopo aver finalmente afferrato questa nozione con uno stato d’animo limpido e vivo, diamole la possibilità di ritrovare la sua solidità e di svilupparsi, liberamente e gioiosamente, senza ostacoli e senza eccessivi incoraggiamenti, come un seme purificato; coglierà tutte le ricchezze sensoriali e intelligibili che incontrerà nel suo processo di crescita e, riempiendosi di tutte queste ricchezze, rivitalizzerà e abbellirà ogni cosa. Questo gioco del pensiero non è altro che il tipo di pensiero infinitamente libero del pensiero indù: gli indù pensano, e subito un principio particolare tende a diventare universale (cfr. Oldenberg. Le Bouddha).3 (Per paura di tradirmi, questo saggio non deve lasciare spazi vuoti e non deve dimenticare nulla. Non devo accontentarmi di “provocare il pensiero”, come dice Montesquieu al contrario4. Devo esaurire il mio argomento in modo che non si possa dire nient’altro sulla sensazione della Diversità che non esista già qui in forma potenziale. Subito si presentano analogie metafisiche che devono essere classificate, incorporate o scartate: la legge della rappresentazione di Schopenhauer, secondo cui ogni oggetto presuppone un soggetto; la legge del bovarismo di Jules de Gaultier, secondo cui ogni essere che concepisce se stesso, concepisce necessariamente se stesso come diverso da quello che è in realtà.5 Può essere una questione di legge questa? Ecco un fatto: io mi concepisco altrimenti e, immediatamente, la visione è allettante. Tutto l’esotismo si trova qui.

Quinton mi disse che tutta la verità può essere trovata nella natura, che nella natura troveremo quella verità che possediamo in noi stessi.6 [10] Darwin, un inglese, scoprì la verità della lotta e della tensione. Quinton, un francese, si sta ora muovendo suo malgrado verso l’idea di un istinto morale. Ora, nel mondo ci sono viaggiatori nati o esotici. Sono quelli che riconoscono, sotto la patina fredda e asciutta delle parole e delle frasi, quei trasporti indimenticabili che nascono dal tipo di momenti di cui ho parlato: i momenti dell’esotismo. Senza contravvenire alle due leggi formidabili sopra citate, che vincolano l’essere universale, gli esotici attesteranno che questa nozione che abbiamo esposto mette in rilievo il sapore stesso dell’interazione di queste leggi: il terrore del soggetto che concepisce il suo oggetto, riconosce la propria differenza da sé, percepisce la Diversità. E, sicuramente, non verrà creato nulla di più. Ma spero che per loro il gusto diventi più grande e più radicato di prima, e che la libertà di questo gioco vada oltre ogni misura. Poi seguirà una serie di saggi che, in accordo con questo spontaneo “sviluppo” di idee, procederanno dall’idea di Diversità.

I. Individualismo

Solo chi ha una forte individualità può percepire la Differenza. In accordo con la legge che dice che ogni soggetto pensante presuppone un oggetto, dobbiamo affermare che la nozione di Differenza implica immediatamente un punto di partenza personale. Solo chi ha una forte individualità può apprezzare appieno la meravigliosa sensazione di sentire sia ciò che è sia ciò che non è. L’esotismo non è quindi quella visione caleidoscopica del

L’esotismo non è quindi la visione caleidoscopica del turista o dello spettatore mediocre, ma la reazione forte e curiosa a uno shock provato da una persona di forte individualità in risposta a un oggetto la cui distanza da sé può essere percepita e assaporata solo da essa (le sensazioni di esotismo e individualismo sono complementari). L’esotismo non è dunque un adattamento a qualcosa, non è la perfetta comprensione di qualcosa al di fuori di sé che si è riusciti ad abbracciare pienamente. Non ci facciamoci lusingare dall’aver assimilato i costumi, le razze, le nazioni e gli altri che differiscono da noi. Al contrario, rallegriamoci della nostra incapacità di farlo, perché così conserviamo il piacere eterno di percepire la Diversità. (Questo può portare alla seguente domanda: se aumentiamo la nostra capacità di percepire la diversità, ci arricchiamo o ci impoveriamo? Ci priveremo di qualcosa o ci doteremo di qualcosa di più grande? La risposta è chiara: ci arricchirà infinitamente di tutto l’Universo. Clouard ha espresso bene questo concetto quando ha detto: “Si vede che questo naturalismo non implica né il nostro svilimento né la nostra dispersione, né la superiorità della natura a scapito della personalità umana. Esso rappresenta la crescente influenza delle nostre menti sul mondo”).7 [11] 

II. L’esotismo della natura 

E questa è la nostra prima esperienza di esotismo. Il mondo esterno è quello che si differenzia immediatamente da noi. Non soffermiamoci su quei dibattiti antichi sulla realtà delle cose. Che importanza ha, se ci fanno emozionare? Perché il sentimento per la natura è nato solo quando l’uomo ha cominciato a concepire la natura come diversa da sé. Per molto tempo l’uomo ha animato la natura con il proprio respiro, attribuendole le proprie passioni e i propri gesti. Possiamo dire che i Veda hanno veramente colto la natura?8 [12] No! Essi animavano la natura secondo l’interazione dei propri desideri. Il senso di una natura non antropomorfa, di una natura cieca, eterna e immensa, di una natura che non è superumana ma exumana e da cui tutta l’umanità – stranamente – deriva, questo senso di esotismo della natura è emerso solo dalla comprensione delle forze e delle leggi della natura. Esse erano così lontane dalle leggi e dalle forze umane che l’uomo correva, sconvolto, all’altro capo del mondo, dove riconosceva due mondi: il mondo fisico e il mondo mentale.

III. L’esotismo delle piante e degli animali

La distanza in questo caso non è così grande: il sapore è più tenue, ma la qualità della sensazione è più obliqua e inquietante. (E tanto più inquietante in quanto più vicina a noi nella scala delle cose. Una roccia non è mai allarmante se non inizia a muoversi o si anima. Un albero fa paura solo quando gioca a fare il fantasma.)

IV. L’esotismo dei tipi umani

Questo esotismo è quasi di natura simile, anche se letterariamente è l’unico che viene riconosciuto. (Abbandoniamo subito l’illusoria differenza tra saggi e pazzi. Non c’è esotismo nel considerare coloro che sono privi di ragione: ci scopriamo così bene in loro!) Le sue innumerevoli prostituzioni, le sue varie fasi: il “racconto di viaggio”, le “impressioni del viaggiatore”.

V.

Ad un altro livello: la rappresentazione diretta del materiale esotico come veicolato dalla forma (vedi progetto di prosa esotica).

VI. L’impenetrabilità delle razze

Non è altro che l’estensione dell’impenetrabilità degli individui all’impenetrabilità delle razze: il tradimento del linguaggio e delle lingue.

VII. L’esotismo delle moralità

Scosse morali. I grandi drammi e le bellissime agonie dei personaggi che ne derivano.

VIII.

Del perfezionamento del viaggio e delle minacce alla sopravvivenza del sapore dell’esotismo che ne derivano. Così intesa come parte integrante del gioco dell’intelligenza umana, la sensazione di Diversità non ha nulla da temere da parte di agenzie di viaggi Cook, transatlantici, aeroplani…. Forse si stabilirà un equilibrio in base al quale la costante mescolanza di individui sarà riscattata dal piccolo numero di individui che manterranno la capacità di sentire la diversità (si veda l’articolo di Louis Bertrand nella Revue des Deux Mondes).9

IX. L’esotismo della razza

Esotismo extraterrestre. I mondi dei marziani e degli altri.

[A margine] Esotismo dei sessi. È qui che tutte le differenze, tutte le incompatibilità, tutte le distanze si sollevano, chiedono di essere riconosciute, di ruggire, di piangere e piangere d’amore o di frustrazione. Questo aspetto è simile a una forza miracolosa, di fondersi l’uno con l’altro in modo eccessivo come il desiderio dello Yogi di fondersi con il Brahma. 

X.

Esotismo parasensoriale: vale a dire la creazione di un mondo diverso dal nostro grazie alla scelta di un senso particolare come senso predominante (un mondo sonoro,10[13] un mondo olfattivo, ecc.) o per le sue diverse proprietà spaziali: lo spazio quadridimensionale.

XI.

L’esotismo nel tempo. Tornare indietro: la storia. Una fuga dal presente spregevole e insignificante. Gli altri luoghi e i tempi passati.

XII.

Il futuro che verrà.

XIII.

Infine, la nozione e il modo di vedere il mondo che ci circonda, l’atteggiamento del soggetto nei confronti dell’oggetto. 

avendo abbracciato in modo più che completo tutto il pensiero, l’essere cosciente (attraverso il meccanismo indù) si trova faccia a faccia con il proprio sé.

(Dopo aver parlato dell’esotismo universale, arriviamo a un esotismo essenziale. Ovviamente sto procedendo direttamente dal pensiero di Jules de Gaultier).

Ma anche allora l’essere cosciente sa che nel concepire se stesso non può che concepirsi come altro da sé… E si rallegra della sua Diversità11[13].

  1. V. Segalen, Essay on Exoticism: an Aesthetics of Diversity, tr. ingl. Y. R. Schlick, Duke University Press, 2002, prefazione di H. Harootinian, p. vii
  2. Paul Bonnetain (1858-99) è stato uno scrittore di viaggi e romanziere che ha pubblicato diverse opere basate sui suoi viaggi in Estremo Oriente. Tra queste, Au Tonkin (1885), L’Extrême Orient (1887) e Amours nomades (1888). Jean Ajalbert (1863-1947) scrisse simili schizzi di viaggio, tra cui Sous le sabre (1898), Paysages de femmes (1887), Sur le vif (1886) e L’Auvergne (1897). I loro scritti sono probabilmente il tipo di opere impressionistiche che Segalen critica spesso in Saggio sull’esotismo.
  3. H. Oldenberg era professore all’Università di Kiel, in Germania. La seconda edizione della sua opera, Le Bouddha, fu tradotta dal tedesco e pubblicata in Francia nel 1894. Si tratta di una panoramica generale sulla vita, la dottrina e i discepoli del Buddha. Segalen probabilmente conosceva anche La Religion du Véda di Oldenberg, pubblicata in traduzione francese nel 1903.
  4. Charles de Secondat, barone di Montesquieu (1689-1755) è stato un filosofo politico e romanziere noto soprattutto per il romanzo epistolare Les lettres Persanes (1721) e per L’Esprit des lois (1748), un lungo trattato sui principi generali e le origini storiche delle leggi.
  5. Jules de Gaultier (1858-1942) è l’autore di Le Bovarysme. È stato un importante divulgatore del pensiero tedesco (soprattutto di Nietzsche) in Francia tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.
  6. René Quinton (1867-1925) è stato un fisiologo francese. È noto soprattutto per la sua opera L’Eau de mer, milieu organique, in cui rivela una somiglianza tra il plasma e l’acqua di mare e trae da questa scoperta alcune applicazioni terapeutiche. Il suo nome è il plasma di Quinton, un’acqua marina sterilizzata e diluita con acqua distillata in modo da avvicinarsi al plasma umano. Segalen, che aveva una formazione medica, era interessato sia agli aspetti medici che a quelli filosofici del lavoro di Quinton. [Edizione francese]
  7. Questo brano di Clouard è aggiunto a margine del testo, dopo la lettura dell’articolo di Henri Clouard, “Maurice de Guérin et le sentiment de la nature”, pubblicato nel Mercure de France il 1° gennaio 1909. [Edizione Francese] L’argomento è approfondito nella lettera a Jeanne Perdriel-Vaissière del 7 gennaio 1909 e nella voce del gennaio o febbraio 1909.
  8. Veda”, parola sanscrita che significa conoscenza, è il nome dato ai quattro testi sacri degli indù: il Rigveda, il Samaveda, lo Yajurveda e l’Atharvaveda. Si ritiene che siano stati rivelati agli uomini dalle divinità e che contengano tutta la conoscenza divina.
  9. Louis Bertrand pubblicò diversi articoli sulla Revue des Deux Mondes all’incirca all’epoca di questa voce, ma Victor Segalen si riferisce sicuramente a quello intitolato ”Le Mirage Oriental” nel numero del 15 settembre 1908: 353-75. In questo articolo, Bertrand esprime sentimenti simili a quelli di Segalen: critica le visioni distorte e superficiali dell’Oriente, in particolare l’uso dell’Oriente (da parte degli occidentali) come “colore locale” o “sfondo scenico”. Per queste tendenze, egli incolpa sia i racconti letterari del passato sull’Oriente (in particolare Les Orientales di Victor Hugo) sia le modalità di viaggio contemporanee. Questi ultimi, offrendo comfort e spostamenti con facilità e rapidità, impediscono ai viaggiatori di entrare in contatto con la realtà delle loro destinazioni. Diventano spettatori passivi che si accontentano di scene pittoresche. Conclude l’articolo raccomandando un modo di viaggiare capace di correggere questa visione stentata del viaggiatore occidentale. Un articolo successivo di Bertrand, pubblicato sulla stessa rivista il 1° novembre 1908: 139-72, prosegue e amplia in qualche modo l’argomentazione della prima puntata.
  10. Il racconto di Segalen, “Dans un monde sonor”, esplora proprio questa idea: racconta la storia di un uomo che vive esclusivamente in un mondo di suoni. Il racconto fu pubblicato per la prima volta sul Mercure de France il 16 agosto 1907.
  11. La frase “[e] si rallegra della sua diversità” proviene da Le Bovarysme di Jules de Gaultier. È citata altre due volte in quest’opera, in particolare alla fine del Saggio sull’esotismo.
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