Traduzione a cura di Filippo Scafi.
I
Alla base del colore, la visione vede l’Universo; alla base dell’Universo, essa vede l’uomo; alla base dell’uomo, essa vede la visione.
La Terra, il Mondo, L’Universo hanno a che fare con l’uomo: la Terra poco, il Mondo molto, e l’Universo con passione. L’Universo è la passione interiore per il Lontano.
L’Uomo lavora la Terra, vive nel Mondo, pensa secondo l’Universo.
La Terra è dell’Uomo il suolo, il Mondo è il suo vicino, L’Universo il suo segreto.
La Terra è la stretta via attraverso cui passa la luce del Mondo, la lingua fatta di sabbia e acqua sulla quale, con schiena eretta, l’uomo marcia contro il Mondo.
Il Mondo è tutto ciò che è troppo vasto e troppo limitato per la Terra, e anche troppo limitato per l’Universo.
L’uomo si muove a tentoni nel Mondo e il Mondo fluttua nell’Universo incapace di toccarne i margini.
L’Uomo introduce l’emozione dell’Universo nel Mondo dei pensieri ristretti.
L’Universo non è l’oggetto del pensiero, un oggetto più grande del Mondo, ma è il suo come o il suo in base a.
L’Universo è un pensiero opaco e solitario che è già balzato negli occhi dell’uomo come spazio d’un sogno senza sogno.
L’Universo non si riflette in un altro universo, eppure il Lontano rimane accessibile a noi in ognuno dei suoi punti.
Il Mondo è la confusione infinita dell’uomo e dell’Universo; Universo trattato come oggetto dell’uomo.
La dimenticanza dell’essenza dell’Universo è ben più nascosta della dimenticanza del Mondo.
La dimenticanza dell’uomo in quanto Uno(-del-)l’Universo e l’Universo come Uno-mediante-l’uomo, è più nascosta della dimenticanza dell’essere-nel-mondo.
II
In principio v’è Nero–uomo e Universo, invece che filosofo e Mondo.
Attorno al filosofo tutto si fa Mondo e luce; attorno all’uomo tutto si fa Universo e opacità.
L’uomo, che si porta dietro l’Universo, è condannato, senza ch’egli ne conosca la ragione, al Mondo e alla Terra, e né il Mondo né la Terra possono spiegargli la ragione: solo l’Universo gli restituisce risposta, nel suo essere nero e muto.
Nero non sta nell’oggetto o nel Mondo, Nero è ciò che l’uomo vede nell’uomo, e la maniera in cui l’uomo vede l’uomo.
Nero non è soltanto cosa l’uomo vede nell’uomo, è l’unico “colore” a essere inseparabile dall’iperintellegibile espansione dell’Universo.
Solitudine dell’uomo-senza-orizzonte che vede Nero nel Nero.
L’Universo è sordo e cieco, possiamo soltanto amarlo e assisterlo. L’uomo è quell’essere che assiste l’Universo.
Solo con gli occhi chiusi possiamo noi dispiegare il futuro, e con gli occhi aperti possiamo pensare di entrarvi.
La luce colpisce la Terra urtandola ripetutamente, dividendo il Mondo infinite volte; la luce sollecita invano l’Universo invisibile.
L’Universo era “nel” mondo e il Mondo non lo vedeva.
Nero prima della luce è sostanza dell’Universo, ciò che è sfuggito dal Mondo prima che il Mondo venisse al Mondo.
Nero è il senza-Fondamento che fissa la luce in ciò che è lontano dove l’uomo l’osserva. Qui giace la luce folle e catatonica del Mondo.
L’uomo si avvicina al Mondo soltanto attraverso l’oscurità trascendentale nella quale mai è entrato e da cui mai uscirà.
Un nero fenomenico riempie interamente l’essenza dell’uomo. A causa di ciò le stelle più antiche del paleo-cosmo, così come le pietre più venerabili dell’archeo-terra si mostrano all’uomo come fossero fuori dal Mondo, e il Mondo stesso appare fuori-Mondo.
III
Il nero universo è l’opacità del reale o il “colore” che lo rende invisibile.
Nessuna luce ha mai visto il nero universo.
Nero è anteriore all’assenza di luce, che questa assenza sia l’ombra che la estingue, che esso sia il nulla o il suo opposto positivo. Il nero universo non è una luce negativa.
Nero è il Radicale del colore, ciò che mai fu un colore nè di un colore l’attributo, l’emozione che attraversa l’uomo quando è toccato da un colore.
Opposto al nero oggettivato nello spettro, Nero è già manifesto prima di ogni processo di manifestazione. Questa è la visione-in-Nero.
Nero è interamente interiore a se stesso e all’uomo.
Nero è senza opposto: pure la luce, che cerca di trasformarlo nel proprio opposto, fallisce davanti al rigore del suo segreto. Solo il segreto vede nel segreto, come Nero nel Nero.
L’essenza del colore non è colorata: è il nero universo.
Il bianco metafisico è semplice decolorazione, l’unità prismatica o indifferente dei colori. Il nero fenomenico è indifferente al colore perchè esso rappresenta il grado ultimo della realtà, quella che previene la loro dissoluzione nelle miscele della luce.
La filosofia e talvolta la pittura trattano bianco e nero come contrari, i colori come opposti; li mischiano, all’ombra dell’autorità della luce in quanto miscela suprema.
La scienza umana del colore è fondata sul nero detto “universo”. Essa pensa l’uomo insieme, l’Universo, e la teoria dei colori–e il loro contenuto Nero che è la loro realtà comune, ma soltanto in ultima istanza.
Una scienza umana del colore fa del nero universo il requisito reale o immanente alla sua fisica. Nero è la postura della scienza e del suo “rapporto” col colore.
IV
La scienza è un modo di pensare in bianco e nero che tratta della luce del Cosmo e del colore del Mondo. Il nero, per via della sua postura o la sua inerenza al reale; il bianco, per via della sua rappresentazione del reale. Un modo di pensare dove il bianco non è più opposto al nero, ma il suo riflesso positivamente decolorato.
La scienza è il modo del pensiero in cui il nero determina il bianco in ultima istanza.
Il nero universo trasforma i colori senza miscelarli. Esso semplifica i colori in modo tale da estrarne la bianchezza della conoscenza nella sua essenza di riflessione non-pittorica.
La nostra ucromia: imparare a pensare dal punto di vista del Nero in quanto ciò che determina il colore in ultima istanza invece che ciò che lo limita.
La tecnologia filosofica è stata mimeticamente assunta dal Mondo, per rifletterlo e riprodurlo. Essa è inadeguata a pensare l’Universo.
Noi ancora stiamo postulando che la realtà ci è data attraverso il paradigma del Mondo. Perpetriamo l’anfibologia inumana che confonde il Mondo con l’Universo. Crediamo che la realtà sia orizzonte e luce, apertura e bagliore, mentre essa somiglia più alla postura d’una opaca non-relazione (alla) luce. Quando esploriamo l’uni-versale dimensione del cosmico, rimaniamo prigionieri della differenza cosmo-logica. I nostri filosofi sono bambini impauriti dal Buio.
La filosofia è pensare per mezzo di una “scatola nera” generalizzata, il tentativo di far forzare il nero nella luce a di spingerlo al fondo della caverna, ma la generalizzazione cosmo-logica del nero non lo salva, invece, dal suo statuto di attributo. Solo il nero è soggetto e può rendere manifesto l’intreccio filosofico dei concetti.
Non pensate innanzitutto alla tecnologia: razzi e l’invio di razzi. Osservate invece, come al fondo d’un occhio serrato, nell’opacità della conoscenza che formando un tutt’uno con essa, il razzo attraversa distanze infinite. Pensate secondo la conoscenza che lo guida come in un sogno, più pesante e trasparente della notte senza fine che esso penetra con un tuonare silenzioso. Pensate innanzitutto la scienza.
Smettete di spedire le tue navi lungo gli stretti corridoi cosmo-logici. Smettete di far sì ch’esse si arrampichino sulle mura estreme del mondo. Lasciate che esse saltino oltre la barriera cosmica ed entrino nell’iperspazio dell’Universo. Smettete di porle in competizione con la luce, dato che i vostri razzi, anche loro, possono realizzare la mutazione più-che-psichica, posturale, e passare dalla luce al nero universo che non è più un colore; dal colore cosmico al nero posturale e soggettivo. Lasciate i tuoi razzi divenir soggetti dell’Universo e siate presenti a ogni punto del Lontano.
Semplificate il colore! Vedete nero, pensate bianco!
Vedete nero piuttosto che credere “inconscio”. E pensate bianco piuttosto che credere “conscio”.
Vedete nero! Non è certo che tutti i vostri soli siano collassati–essi sono già riapparsi, solo un poco più pallidi–, ma Nero è il “colore” che collassa eternamente dall’Universo sulla vostra Terra.
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Il pezzo originale in francese, Du noir univers: dans les fondations humaines de la couleur, è stato pubblicato in La Décision philosophique 5, Aprile 1988, pp. 107-112.