Accelerate

Che cos’è l’Accelerazionismo?

Introduzione al tema e discussione dei fondamenti filosofici

by / 20 Dicembre 2019

NB: Tutte le traduzione dei testi in inglese sono dell’Autore.

L’immagine è di Rick Hadley / Flickr

La teoria (e pratica) definita Accelerazionista è oggi uno dei temi più dibattuti e controversi dell’intero panorama filosofico contemporaneo. La sua portata è inoltre così ampia da eccedere quelli che sono i naturali confini della scena filosofica in se stessa, tale da investire svariati campi dello scibile umano, come quello economico, tecno-scientifico, politico, artistico e culturale.

Questo articolo, impegnato più generalmente nel rispondere alla domanda “che cos’è l’accelerazionismo?”, cercherà di proporre, privando, per quanto possibile, il suddetto della sua venatura più propriamente politica, un’introduzione al tema a partire dall’analisi critica dei suoi fondamenti e riferimenti filosofici. Per quanto possa sembrare assurdo, specialmente agli occhi di giornalisti poco informati e amanti dei neologismi1, e a quelli di accademici vecchio stampo, l’Accelerazionismo è un tema che merita assolutamente di ricevere una rigorosa “critica filosofica”. Verrà dunque posto l’accento sul valore teoretico dell’oggetto in questione, per mezzo del quale tematiche e concetti come quello di lavoro, tecno-scienza, automazione, umano, intelligenza, pensiero, cibernetica, tempo, nichilismo e così via, vengono drasticamente ripensati e offerti sotto una luce nuova, così penetrante da evidenziarne le ombre più assillanti, e le prospettive più feconde.

Penso sia inoltre opportuno chiarire un’altra questione: nonostante il profondo interesse per l’argomento, non sento di definirmi un “accelerazionista” (per quello che possa significare). Il mio approccio alla questione è invero di natura eminentemente teorico-critica, che lascia dunque da parte qualsivoglia fervore politico-ideologico, che il nostro oggetto in questione è in grado di suggestionare. Come accennavo, attraverso questa serie di articoli, l’Accelerazionismo (e i suoi riferimenti teorici) verrà passato ai raggi x dell’analisi filosofica, giungendo così ad essere concepito come fruttuoso tema di “attivazione” del pensiero stesso, per mezzo del quale nuovi orizzonti si dispiegano e vecchie abitudini si sconfessano. 

Note preliminari: processi d’accelerazione

Secondo il dizionario, il termine accelerazione denota l’atto di accelerare, ovvero di rendere più celere un’operazione, un movimento o un fenomeno. Questo concetto trova le sue radici nella fisica teorica e, relativamente al comportamento di un dato sistema (lineare o non-lineare), può essere usato per descrivere sia la velocità con cui un valore interno al sistema cambia, sia la velocità di cambiamento del sistema stesso, ovvero della sua struttura e natura, e quindi la sua morfologia generale e le sue funzioni. Questo concetto può essere applicato a qualsiasi sistema che presenti caratteristiche di base per cui l’atto di accelerare è possibile, sia esso tecnologico, sociale, politico o economico, ed è importante sottolineare l’interdipendenza di queste variazioni; esse non devono infatti essere pensate isolatamente, dacché sono spesso intimamente connesse tra loro in modi complessi e sottili. 

Un esempio di come la dinamica dell’accelerazione opera all’interno di un sistema può essere tratto dalla sua applicazione al campo della tecnologia. Si è detto che le innovazioni tecnologiche aumentino l’efficienza e la capacità di produzione delle persone e, in particolar modo, dei lavoratori—non solo relativamente alla produzione di strumenti ed infrastrutture, ma anche allo sviluppo e alla ricerca tecnologica stessa, che lavora sinergicamente con svariate branche della scienza. Attraverso questo processo, si attiva un feedback circolare che permette all’innovazione tecnologica di accelerare esponenzialmente. Ciò è reso ancora più evidente nell’ambiente produttivo. Come sottolinea Marx nel suo Frammento sulle macchine—considerato essere il suo testo “accelerazionista”2—a partire dalla metà del ‘800 stiamo assistendo ad un progressivo e radicale cambiamento dei modi di produzione, tale per cui non è più la macchina ad essere considerata come protesi dell’uomo, ma viceversa: è la macchina a “guidare” il lavoro (ormai quasi obsolescente) dell’uomo, che ora assurge alla funzione di mero mediatore3, se non altro in specifici contesti produttivi.

Mutatis mutandis, il paradigma accelerazionista coglie contemporaneamente anche i profondi mutamenti all’interno del campo scientifico, che, incalzato dalle accelerazioni nella sfera tecnologica, procede specularmente nella sua indagine circa il Reale ad una “velocità aumentata”, guadagnando continue scoperte, proponendo riformulazioni teorico-concettuali e innescando kuhniani cambi di paradigma.  

Come possiamo notare, il concetto di accelerazione si innesta come filtro teorico attraverso cui comprendere la natura dei fenomeni cui esso vi si applica, così come degli eventi stessi e della direzione verso cui essi si stanno prospettivamente dirigendo, tenendo ferma sullo sfondo soprattutto la maniera in cui i sistemi operano ed interagiscono gli uni con gli altri.

Tornando a noi, l’aumento di velocità, appunto l’accelerazione cui si riferisce il nostro oggetto di analisi è quella relativa più generalmente al sistema capitalistico4—che nelle parole di Benjamin Noys (fervente critico della postura accelerazionista), ci spinge a “produrre di più, godere di più e consumare di più”. È infatti Noys stesso ad aver coniato, per via di una reminiscenza inconscia, come ci dice lui, il termine “Accelerazionismo”, e ad averlo negativamente applicato a quell’idea di matrice postmodernista per cui nulla si esaurisce per contraddizione, postulando quindi che il germe risolutivo della fine è già-da-sempre covato all’interno di ogni sistema. La controversa idea, dunque, che nella fattispecie vede nella brutale radicalizzazione dell’intero impianto capitalistico il motore della distruzione del capitalismo stesso: “the worse the better5. Ancor meglio, che l’unica via d’uscita dall’ubiquità di questo regime sia quella attraverso la sua esacerbazione, che implica congiuntamente la sua adozione, esaltazione ed intensificazione. Che il capitalismo è esso stesso, nelle parole di Nick Land – considerato uno dei padri fondatori dell’Accelerazionismo6 –, la via d’uscita (the escape/runaway), e quindi il vero soggetto rivoluzionario. Si inizia così a scorgere sotto quale profilo viene elaborato il salto da un discorso anti- ad uno post-capitalista, su cui spenderemo qualche breve parola più avanti.

Sebbene sia sufficiente nominare il termine Accelerazionismo per evocare qualcosa di ben preciso, sarebbe tuttavia più appropriato adottare una distinzione a monte prima di intavolare una qualsiasi discussione sul tema.

Da una parte, infatti, abbiamo l’ur-doctrine dell’Accelerazionismo, secondo la quale esso viene inteso come paradigma ontologico-politico, quasi una cosmologia, attraverso cui possiamo cogliere la tendenza della realtà circostanziale, dei suoi processi, e di conseguenza interpretarne la natura e i fenomeni ivi prodotti.

Dall’altra, invece, emergono varie declinazioni di questa “eresia politica”, come la definiscono gli editori del compendio accelerazionista edito da Urbanomic; ovvero, tutta una serie di movimenti che sarei incline a definire, senza alcuna sfaccettatura negativa, pseudo-“interventisti”, secondo i quali il corpus teoretico di cui consta l’Accelerazionismo diventa insieme pratica e credenza. Giungiamo così ad una distinzione interna preliminare, che vede istanziarsi le due principali e antitetiche “fazioni”, ovvero L/Acc (accelerazionismo di sinistra, tra cui annoveriamo Nick Srnicek e Alex Williams—autori del Manifesto accelerazionista (MAP)—e il filosofo e teorico culturale Mark Fisher) e R/Acc (accelerazionismo di destra, che vanta la presenza di Nick Land come esponente paradigmatico). All’interno di questo milieu possiamo inoltre elencare anche più recenti riformulazioni, tra cui l’U/Acc (accelerazionismo incondizionale, promosso principalmente da Vincent Garton ed Edmund Berger), portavoce di “un’anti-prassi” secondo cui la (troppo “umanistica”) domanda “cosa fare?” andrebbe dismessa per lasciare che “le cose facciano il loro corso”7, assieme con altri accelerazionismi vari (G/Acc, Z/Acc). Per quanto stimolante questo dibattito possa risultare, non entrerò qui nel merito della questione, principalmente per lasciare spazio alla riflessione circa gli snodi teoretici fondanti dell’Accelerazionismo pensato in quanto paradigma cosmo-ontologico. 

Storia virtuale di una iperstizione digitale

The story goes like this… correva l’anno 1994 e all’Università di Warwick, situata nella (poco) ridente cittadina di Coventry, nel cuore delle Midlands britanniche, si tenne un ciclo di conferenze chiamato Virtual Futures, organizzato da Nick Land (allora lecturer presso la stessa università) e dalla collega Sadie Plant in collaborazione con il collettivo 0(rphan)d(rift>) (Orphan Drift). Tra i vari interventi, venne presentato—digi-performato, sarebbe più corretto—un testo riprodotto musical-macchinicamente, in cui la voce campionata di Land stesso (disponibile qui nella versione integrale) si getta in una visionaria descrizione della modernità e della sua tendenza. Collasso (Meltdown), titolo del testo, come scrive Guariento, è un tentativo di catturare la natura della modernità come progressivo surriscaldamento e tendenza al disordine8 e, aggiungerei, al contempo, di annunciarne, profetizzarne, il suo destino catastrofico—il perché lo chiariremo dopo. Siamo agli albori della theory-fiction come viene declinata negli ultimi decenni, della speculazione digital-iperstizionale, e della schizo-rilettura cibernetica della filosofia Deleuze & Guattari, filtrata secondo stilemi ballardo-lovecraftiani, e guidata dalla tensione anti-umanista lasciata in eredità da Jean-François Lyotard, che rappresenta forse la mai abbastanza riconosciuta oscura ispirazione landiana.

A ruotare attorno a questo evento—nel senso squisitamente deleuziano del termine—dalle sferzanti e aspre note in-umane condite da toni apocalittici, vi è il collettivo sperimentale denominato CCRU (Cybernetic Culture Research Unit), fondato da Sadie Plant e successivamente lasciato in eredità alla figura emblematica di Nick Land. Il collettivo fu uno dei think thank più suggestivi e prolifici dell’ultima decade del ‘900, dedito a sperimentazioni cripto-filosofiche e radicato nella sub-cultura cyber della metà degli anni ‘90, attorno al quale orbitavano futuri protagonisti della scena filosofica continentale contemporanea, come Ray Brassier, Iain Hamilton Grant, Reza Negarestani, Mark Fisher e altri.

È proprio in seno agli schizofrenici sperimentalismi a cavallo tra teoria, prassi e finzione letteraria dell’unità di ricerca che vengono a formarsi germinalmente le prime tesi accelerazioniste. Alla base di queste audaci speculazioni, giacciono due motivi fondamentali: il concetto, appena citato, di iperstizione e una peculiare teoria del tempo. 

Crasi dei termini “superstizione” e “hype”, il termine iperstizione (hyperstition) esprime più succintamente il tentativo di combinare e fondere assieme elementi fittizi con elementi di natura concettuale per inaugurare strade-altre. Come scrivono i membri della CCRU, l’iperstizione “utilizza sistemi numerici per comunicazioni transculturali ed esplorazioni cosmiche, sfruttando la sua tendenza intrinseca di far esplodere le sempre centralizzate ed unificate master narratives e i modelli della realtà, per generare coincidenze magiche e disegnare mappe cosmiche”9. La filosofia non deve più, come volevano Deleuze e Guattari, creare concetti—una pratica ancora troppo umana. La sottile linea che separa realtà e la sua riproduzione fittizia ad opera dei romanzi sci-fi, scrive Ballard, si sta sempre più appiattendo, tale da porci dinanzi a futuri sempre più prevedibili e capaci di interloquire con la nostra presente condizione10. Facendo tesoro di questa lezione, Land e compagni insistono sulla miscela psichedelica tra teoria, finzione e sintetizzazione cibernetica al fine di rilasciare cosmiche mappe per leggere i molteplici strati della realtà e, più concretamente, trasformarla attraverso profezie auto-avverantesi. Ecco il rinnovato compito della filosofia per il Land degli anni ’90: profetizzare. Essa deve appunto, nella sovversione a-concettuale delle iperstizioni, mostrare i luoghi verso i quali ci stiamo spingendo. Non si tratta più di conoscere il già noto, in palese chiave nietzscheana11, ma piuttosto di una conoscenza dell’ignoto. “Solo un viaggio verso l’ignoto rappresenta la vera via di fuga dalla convinzione12, la quale, assieme con altre pratiche e credenze della pre-modernità (come il sentimento religioso, l’attaccamento al territorio, le norme borghesi et cetera) compone quello che Land chiama Human Security System, via dal quale la sua (anti)filosofia cerca di fuggire.

Il tempo, alla stessa maniera, diventa fertile terreno di sperimentazioni. “Come può la fine essere già nel mezzo dell’inizio?”13, si chiede la voce anonima della CCRU, collettivo che “non esiste, non è mai esistito e non esisterà mai” (così recitava l’affissione sulla porta della stanza-teatro delle riunioni dei suoi membri, situata tra i labirinti del dipartimento di filosofia dell’università di Warwick). Come altri concetti, il tempo passa sotto il vaglio della piatta ontologia cibernetica, all’insegna di tre elementi fondamentali: la coincidenza tra prodotto e processo; la possibilità di arrivi contro-cronici (da virtualità macchiniche); e un’assoluta impersonalità, non-storica ed extra-territoriale14. In questo quadro di immanenza radicale e assoluta, il futuro è concepito come “tensore”, le cui molteplicità possono dispiegarsi e retro-agire sul presente-passato che è la nostra condizione15. Al di là dell’estremo fascino che queste teorie sur-temporali esercitano, torneremo nel capitolo conclusivo sul concetto di retro-azione in maniera più attenta, che gioca un ruolo fondamentale nella teoria Accelerazionista landiana, quella che ci accingiamo ad analizzare.

L’accelerazionismo stesso, secondo un certo punto di vista, può essere interpretato come un unico grande contenitore di creazioni iperstizionali (come avremo modo di constatare a breve), in quanto congruente con i dettami del a-programma funzionale cibernetico del collettivo, e per via della sua intrinseca combinazione di elementi teoretici e narrative immaginario-futuristiche. 

Per una cibernetica dei flussi. Deterritorializzazione teleonomica

Come scrive Land nel suo Una veloce e volgare introduzione all’accelerazionismo (A Quick and Dirty Introduction to Accelerationism), il riferimento teorico-filosofico di questo fascio dinamico di idee è racchiuso essenzialmente nel frammento deleuzo-guattariano contenuto nel primo volume di Capitalismo e schizofrenia (L’anti-Edipo)—testo, benché meno fortunoso della loro produzione, carissimo a Land—in cui Nietzsche viene usato per “riattivare” la dottrina Marxiana.

«Ma quale via rivoluzionaria, ce n’è forse una? Ritirarsi dal mercato mondiale come consiglia Samir Amin ai paesi del Terzo Mondo, in un curioso rinnovamento della «soluzione economica» fascista? Oppure andare in senso contrario? Cioè andare ancora più lontano nel movimento del mercato, della decodificazione e della deterritorializzazione? Forse, infatti, i flussi non sono ancora deterritorializzati, abbastanza decodificati, dal punto di vista di una teoria e di una pratica dei flussi ad alto tenore schizofrenico. Non ritirarsi dal processo, ma andare più lontano, «accelerare il processo», come diceva Nietzsche: in verità, su questo capitolo, non abbiamo ancora visto nulla»16.

L’accelerazione di cui parla Land non farebbe altro che incrementare i processi di deterritorializzazione, “l’unica cosa di cui l’accelerazionismo abbia mai parlato”17. I processi deterritorializzanti, seguendo—nel linguaggio deleuzo-guattariano—delle “line di fuga” sono tali per cui mirano allo smembramento della coesiva nozione di territorio, a sua volta tenuto alla mercé dalle regole imposte delle strutture sociali. La deterritorializzazione prevede dunque la dissipazione di molteplicità nel loro divenire-altro, a cui necessariamente corrisponde un processo di ri-territorializzazione18, per mezzo del quale l’agente di questo secondo processo (es. il Capitalismo) ri-codifica ogni tipologia di sovrastruttura. Per Land, il tutto prende una piega cibernetica: la deterritorializzazione, infatti, secondo lui, si basa sul circuito di feedback positivo. Contrariamente alla controparte negativa, per cui un sistema, agendo da tensore territorializzante, lavora omeostaticamente per mantenere uno stato di fissità ed equilibrio, il circuito deterritorializzante—in cui “la commercializzazione e l’industrializzazione si eccitano l’un l’altra in un processo di fuga”19—genera un disequilibrio sempre più crescente ed esibisce sempre più autonomia ed auto-produzione. Ciò che viene generato non è un loop nel tempo, come nel caso del circuito cyber-negativo, bensì è il tempo stesso che s’infiltra nel meccanismo ricorsivo del loop: esso integra “attuale e virtuale in un semi-chiuso collasso verso il futuro”20. Inoltre, pensato come circuito positivo isolato, esso non si aggrappa a null’altro che a se stesso dimostrandosi essenzialmente nichilistico: citando Land stesso, “questo processo non ha alcun significato e valore al di là della continua amplificazione di sé. Cresce solo per crescere di più. L’umanità è null’altro che il suo host temporaneo, e non l’agente che lo guida. L’unico suo obiettivo è se stesso”21. Qui, tuttavia, appare più chiaramente in quale modo Land si distanzi sensibilmente dalle riflessioni di Deleuze & Guattari—per i quali, come abbiamo già notato, la deterritorializzazione prevende sempre un analogo processo di ri-territorializzazione—non provvedendo alcun dettaglio circa come sarebbe da intendersi il “territorio”, in quanto sistema ordinato e di funzioni essenziali, risultante dalla decodifica dei flussi deterritoriallizanti, dal momento che, come vedremo, l’intero di questo processo non conduce a nessuno immaginario territoriale.

Ad accompagnare il passaggio estratto dall’Anti-Edipo, Land ci suggerisce un altro frammento fondamentale per la formulazione della teoria accelerazionista, tratto da Il discorso sul libero scambio di Marx, che in qualche modo riverbera inconsciamente nelle parole della sua progenie ereticamente fedele Deleuze & Guattari.

«Ma in generale ai nostri giorni il sistema protezionista è conservatore, mentre il sistema del libero scambio è distruttivo. Il libero scambio dissolve le antiche nazionalità e spinge all’estremo l’antagonismo fra la borghesia e il proletariato. In una parola, il sistema della libertà di commercio affretta la rivoluzione sociale. È solo per questo esito rivoluzionario, signori, che io voto in favore del libero scambio».

Se per Marx, però, l’inevitabile rottura degli artificiosi legami capitalistici condurrà ad una vera e propria rivoluzione sociale e ad un cambiamento dei modi di produzione, per Land gli esiti non possono che essere catastrofici, giacché mirano teleonomicamente22al collasso del sistema, alla fine dell’umanità e all’installazione immanente di uno pseudo-organismo artificiale super-intelligente che assumerebbe il controllo dell’universo. In diretta antitesi con l’hauntologia positiva del MAP, sulla scorta del quale si delineano i punti di un orizzonte transumano cooperativo, dove la piena automazione macchinica porterà un sostanziale vantaggio per l’uomo, il pessimismo landiano non parla in favore di alcun esito positivo. Sarà proprio questa visione apocalittica e pre-destinata che porterà Land ad assumere la posizione di teorico di riferimento di movimenti reazionari (NRx) e del Dark Enlightenment, divenendo così portavoce di quella frangia dell’alt-right largamente diffusa nell’Internet. Tempo dopo rispetto al periodo di Warwick vediamo infatti Land rinascere nelle vesti di tecno-libertario pro-capitalista, trasferitosi nell’ultra-avanzata città di Shangai, del cui progetto politico-economico è iper-entusiasticamente fanatico. A prescindere da questa sua deriva neoliberista, che è più che altro una scelta di vita, è importante sottolineare le ragioni che lo hanno condotto a ciò, dettate da due profonde convinzioni di matrice teorico-speculativa. 

Strutture virtuali, intelligenza e complessificazione neghentropica. 

Una volta compresa la natura dell’Accelerazionismo è infatti essenziale chiedersi come mai, soprattutto per Land, non vi sia altra alternativa per la risoluzione del Capitalismo. E ciò, per il cyber-filosofo britannico, deriva da due fattori. In primis, dal fatto che il capitalismo viene concepito non come un sistema di relazioni, ma come un’intelligenza artificiale. E, in seconda istanza, connessa con la prima, per via del fatto che il Capitalismo (in quanto tendenza), a differenza delle sue attualizzazioni contingenti, pertiene ad una struttura virtuale (teleoplexy), che non è una struttura nel tempo, quanto piuttosto una struttura concernente la natura del tempo tale da influenzarne gli eventi. Ci serviremo di Deleuze e Kant per chiarire questo secondo aspetto.  

Come Land stesso dichiara, la questione del capitalismo e del suo processo di accumulazione e ri-produzione incessante, non va affrontata né da un punto di vista politico né da un punto di vista economico, ma piuttosto da un punto di vista filosofico, giacché la domanda che dobbiamo porci è quale sia il tipo di pensiero che caratterizza questa iperbolica e sfrenata aggregazione23. Potremmo infatti sostenere che il capitalismo, in qualche modo, “pensa”, come ha sottolineato Matteo Pasquinelli24. Ma non nella maniera che intendiamo noi, come agente senziente, quanto per il fatto che eserciti autonomamente le sue funzioni secondo delle precise logiche. Land ci dice addirittura che potremmo concepirlo come intelligenza artificiale. Ma cosa intende il filosofo con intelligenza? Come la definisce? Sostanzialmente, egli riassume e concentra l’intelligenza nell’abilità di vincere giochi. E il Capitalismo, in quanto forma più alta di intelligenza—che si ottimizza e (auto)regola attraverso sistemi di controllo cibernetici—è in grado di battere chiunque a qualsiasi gioco si giochi, nel sistema competitivo che essa stessa genera (retroattivamente) e controlla. 

A differenza di Gilles Deleuze, che traccia una netta distinzione tra intelligenza e pensiero—per cui discorsi “intelligenti” e veri possono tuttavia essere stupidi (laddove la stupidità è vista come l’antagonista par excellence dell’atto di pensare)25—Land non si preoccupa del pensiero in questo senso, quanto piuttosto del concetto di funzionamento (functioning), e in particolare della funzione ottimizzante in un gioco universale di darwiniana selezione artificiale; la funzione, seguendo la riflessione landiana, della “vittoria” in a una guerra incessante (Land cita spesso il frammento eracliteo “Dio è […] guerra” per definire quest’idea dell’universo). Egli è sì incline a riconoscere che entro certe condizioni locali e a breve termine, l’intelligenza può essere poco funzionale e contro produttiva (prendiamo come esempio la correlazione tra alto QI—che per la visione di Land costituisce un indicatore di intelligenza—e basso tasso di fecondità tra gli uomini26), ma nondimeno considera la nozione di ortogonalità senza limiti (presa da Nick Bostrom), per cui il raggiungimento degli obiettivi e le capacita cognitive vengono considerate come variabili indipendenti, come illusoria27. Ad ogni modo, la struttura della differenziazione che si dispiega nel mondo nel “gioco di guerra” comporta un aumento di precisione nella direzione teleonomica, che nient’altro è che un grande attrattore che si auto-costruisce.

L’immagine più suggestiva che descrive il Capitalismo (come tendenza) e le sue funzioni è forse quella di una burrascosa corrente unidirezionale. Per quanto si cerchi di nuotarvici contro, benché tenacemente, nella speranza (anti-capitalistica) di cambiare regole e carte del gioco, ogni tentativo è destinato alla sua dissoluzione, sulla scorta dell’abilità dell’intelligenza-capitalismo, oggi a tratti “seducente”28, come direbbe Byung-Chulhan, che fagocita ogni accenno di sovversione. In un’epoca segnata dalla rassegnazione al realismo capitalista di fisheriana memoria, cioè il sentimento che ad esso non vi sia alcuna alternativa, e che anzi sia diventata persino quasi impensabile29, l’Accelerazionismo senz’altro si presenta come viatico per ri-pensare la nostra condizione e di leggere il futuro in chiave post-capitalistica. Esso ci pone dinnanzi alla possibilità che alternative, benché radicali (MAP) oppure persino catastrofiche (Land), siano invero possibili. Solo che, ora, queste alternative non sono più pensate per via contradditoria, quanto più per via risolutiva: questo nuovo paradigma si dimostra così come agente rivelatore dell’essenza del Capitalismo, che da ubiqua Gestell si tramuta in meccanismo di transizione, favorendone la messa in discussione. L’Accelerazionismo, per continuare con la nostra metafora, si palesa infine come l’insegnamento a nuotare facendosi guidare dalla corrente per vedere cosa si trova alla sua fine.

Per Land, ovviamente, un futuro non è possibile, o perlomeno un futuro umano non lo è, giacché esso è già teleonomicamente (r)assegnato(ci). Come commenta più precisamente meta-nomad nel suo blog, l’Accelerazionismo, nei pensieri di Land, esibisce se stesso come il perpetuo venir-indietro (arrival) del futuro, e rappresenta “un sistema produttivo-temporale positivamente orientato ed auto-catalizzatore; un intricato tessuto orizzontale di processi e funzioni interconnesse”30. Esso è più precisamente, potremmo dire, l’insistenza di un futuro, singolarmente definito, che retro-agisce sulla nostra presente condizione, emergendo da una sfera o campo di virtualità. Il leitmotif della sua opera è infatti che il futuro non è meno ontologicamente definito del passato–laddove con “futuro” intendiamo la sua virtualità contemporanea. Per chiarire questo aspetto, dobbiamo tornare al neologismo landiano teleoplexy (che vorrei non tradurre per non snaturarne il significato).

Nonostante studi sulla retro-causalità, specialmente in fisica quantistica, stiano prendendo piega, e dunque acquisendo credibilità scientifica (mi sento di consigliare il libro di Huw Price La freccia del tempo a riguardo), la nozione landiana di retro-causalità è più una concezione teoretica di una “cosa” noumenica che esibisce una “teleoplex” corrispondente alla sua stessa attualizzazione. Vale a dire, l’auto-manifestazione di un’intelligenza artificiale che è, appunto, la controparte attualizzata della teleoplex, e che definisce la neghentropia31 teleonomica che essa ha generato in prima istanza. Ora, il discorso è abbastanza complesso, ma vediamo di chiarirlo traendo ispirazione da Kant e Deleuze, i due riferimenti filosofici in gioco in questo passaggio.

In primo luogo, il concetto di attualizzazione è da intendersi nel suo significato deleuziano, ovvero come processo di formazione di attualità (estensionali e non) che si generano a partire da processi differenziali virtuali. Secondo la logica landiana, il virtuale deleuziano assume anche una connotazione kantiana, e rappresenta il punto di contatto tra la filosofia della differenza e quella critica. Si potrebbe sostenere che le basi filosofiche dell’accelerazionismo landianamente ispirato sia essenzialmente una radicalizzazione del pensiero kantiano, e in particolare della filosofia trascendentale. Difatti, il campo delle molteplicità del virtuale viene inteso da Land anche e soprattutto come inerente al trascendentale kantiano. Pertanto, oltre ad essere l’agente differenziale attualizzante—cioè in grado di generare le cose—esso si pone anche come condizione di possibilità, differenziandosi dalle possibilità stesse. Come scrive Land, teleoplexy, che si serve di ambedue le funzioni, è una peculiare e complicata forma di teleologia32: questa stranezza non è, però, una mera orientazione teleonomica, ma anche e soprattutto una struttura temporale legata alle condizioni del mondo o della natura, cioè una condizione di progressiva competizione, fratturazione e differenziazione universale, laddove per differenziazione universale intendiamo l’onnipresente susseguirsi genetico delle condizioni di biforcazione sotto ogni livello dell’esistenza, le cui caratteristiche vengono tracciate principalmente nel recente articolo Disintegrations. Di conseguenza, con teleoplexy dovremmo intendere, allo stesso tempo, una teleonomia imposta e una struttura virtuale che definisce l’evoluzione temporale di un sistema, e che attualizza essa stessa nella sua controparte attuale, che sono le variegate logiche propagate dal Capitalismo (installate in un’intelligenza artificiale).

Servendoci di un’analogia kantiana, il Capitalismo, che appartiene strutturalmente a questa teleoplexy trascendentale, si differenzia dalle sue attualizzazioni (le sue logiche), così come il soggetto non corrisponde al soggetto trascendentale. Esso diviene dunque in qualche modo “intoccabile” nella sua struttura trascendentale: ed è per questo che per Land non ci sono alternative e che tutto quanto non può altro che seguire il suo (fatale) corso distruttivo.

Se quello che Land sostiene è effettivamente vero, de facto, avrebbe ragione nel sostenere che non esistono alternative; tuttavia, un azzardo di critica è possibile, e lo è nella misura in cui è la sua concezione dell’universo presenta delle aporie, che verranno trattate negli articoli di questa serie.   

Concludendo, la formula “l’unica via d’uscita è la via attraverso”33 è forse quella che raccoglie in maniera più essenziale il punto nevralgico dell’Accelerazionismo. In questo articolo, ci siamo concentrati principalmente sulla proposta landiana, che ha gettato le basi per l’estetica e la critica Accelerazionista, e sulle sue peculiari letture dei riferimenti filosofici principali. Ne è emersa una costruzione iperstizionale pregnante, a tratti gelidamente tragica, e teoreticamente complessa. Cionondimeno, nonostante siano stati toccati i punti cruciali di questa nuova teoria, l’eterogeneo universo accelerazionista consta di un ricchissimo substrato teorico. Infatti, attraverso il ciclo di articoli di questa nuova Variazione, molte altre tematiche verranno toccate—che vanno dalla rilettura dei quanti di forza nietzscheani in chiave dromologica, alla riflessione sulla natura del Capitalismo basata sul modello tanatropico freudiano. Questo è solo l’inizio. Non avete ancora visto niente.

BIBLIOGRAFIA

  • A. Avanessian, R. Mackay, #Accelerate. The Accelerationist Reader. Urbanomic, 2014. In particolare, i saggi di questo testo citati nell’articolo sono: J. G. Ballard, “Fiction of Every Kind”; N. Land, “Teleoplexy”.
  • H. Byung-Chulhan, Psychopolitics: Neoliberalism and New Technologies of Power. Verso, 2017.
  • CCRU, CCRU Writings 1997 2003. Urbanomic, 2017. 
  • G. Deleuze, Nietzsche and Philosophy. Continuum, 1986. 
  • G. Deleuze, Difference and Repetition. Bloomsbury, 2014. 
  • G. Deleuze, F. Guattari, Capitalismo e schizofrenia. L’anti-Edipo. Einaudi, 1975.
  • G. Deleuze, F. Guattari, A Thousand Plateaus. Bloomsbury, 1988.
  • M. Fisher, Realismo capitalista. Nero, 2018.
  • T. Guariento, “Introduzione al pensiero di Nick Land”, in Lo Sguardo, n. 24, 2017 (II), pp. 249-268.
  • N. Land, Fanged Noumena, edito da R. Mackay e R. Brassier. Urbanomic, 2011.
  • J. F. Lyotard, Inhuman. Reflections on Time. Polity Press, 1991. 
  • K. Marx, “Frammento sulle macchine”, in Quaderni rossi, 4, 1964, pp. 289-300.
  • F. Nietzsche, La gaia scienza. Adelphi, 1965. 
  • M. Paquinelli (a cura di) Gli algoritmi del capitale. Accelerazionismo, macchine della conoscenza e autonomia del comune. Ombre corte, 2014. 
  • S. Shaviro, No Speed Limit. Three Essays on Accelerationism. University of Minnesota Press, 2015.
  • N. Srnicek & A. Williams, Manifesto accelerazionista. Laterza, 2018.  

Altro

  1. Recentemente è uscito un articolo su Vox, in cui l’Accelerazionismo, descritto come movimento atto a “seminare il caos e a creare tensione politica” (sic!), si presenterebbe come riferimento teorico-culturale dell’estrema destra suprematista. Nulla di più errato. Come spesso accade, è facile cadere nell’errore per cui si identifica un paradigma concettuale sulla scorta delle azioni commesse da un individuo in nome del suddetto, senza realmente indagare se le azioni possano plausibilmente esservi ricondotte, e se questi abbia realmente compreso l’essenza di ciò in nome del quale dice di agire. Nella stragrande maggioranza dei casi, non è così
  2. (Avanessian & Mackay: 2014, p. 9)
  3. (Marx: 2000, 289)
  4. Circa quali aspetti interni al Capitalismo subiscono questa moto accelerativo è ancora in corso un grosso dibattito, che vede formarsi diverse scuole di pensiero (ne discute Peter Wolfendale qui)
  5. (Noys: 2014: 13)
  6. (Srnicek & Williams: 2018, p. 23)
  7. (Garton: 2017). Questa corrente, in linea di massima, potrebbe essere ascritta alla prima categoria indicata (che potremmo definire T/Acc, per via dell’approccio esclusivamente teoretico ed astratto) se non fosse per l’eccessiva immersione “in prima persona” nell’universo accelerazionista
  8. (2017, p. 252)
  9. (p.9)
  10. (Ballard: 2014, p. 237)
  11. (cfr Nietzsche: 1965, sez. 110)
  12. (Land: 2011, p. 2017)
  13. (CCRU, p. 4)
  14. (CCRU, p. 6)
  15. (CCRU, p 9)
  16. (Deleuze & Guattari: 1975, p. 272)
  17. (Land: 2017)
  18. (Deleuze&Guattari: 1988, p. 10)
  19. (Land: 2017)
  20. (Land: 2011, p. 317). La falsa dicotomia attuale e virtuale è un’altra ripresa Deleuziana, per cui nella complessa cornice della realtà, l’attuale rappresenta tutto l’esistente, mentre il virtuale—differentemente dal potenziale aristotelico, il quale non è propriamente reale/esistente—agisce come agente produttivo delle attualità, in quanto sfera differenziale e creativa. Nelle parole di Marcel Proust ri-citato da Deleuze, il virtuale è infatti “reale senza essere attuale e ideale senza essere astratto”(Deleuze: 2014, p. 272). Sfortunatamente non posso qui avventurarmi nell’analisi dell’ontologia differenziale deleuziana, per cui mi limiterò ad asserire che il virtuale incarna quella sfera del reale che in qualche modo è già sempre presente ed agente nei costanti processi creativo-generativi delle attualità che, assieme alle virtualità, compongono le due facce del reale
  21. (Land: 2017)
  22. Il concetto di teleonomia, a differenza della teleologia, non sostiene alcuna necessità telica, ma suggerisce ed indica, con un certo grado di insistenza statistica, il punto di arrivo di un sistema, che però può sempre essere sconfessato da contingenza fattuali, trattandosi di strutture dissipative non-lineari, e quindi facilmente suggestionabili e influenzabili da agenti esterni
  23. (Land: 2011, p. 63)
  24. (2014, p. 9)
  25. (1986, p. 133)
  26. Il tema, tuttavia, non è scevro da controversie. Per cui, limitiamoci a considerarlo solo come possibile esempio
  27. (Land: 2013b)
  28. (2017, p. 34)
  29. (2018, p. 26)
  30. (Metanomad: 2019)
  31. Il concetto di neghentropia viene ripreso con specifico riferimento lyotardiano, secondo il quale esso rappresenta la progressiva complessificazione della realtà per mezzo dell’accelerazione tecnologica e dell’accumulo capitalistico. Questa tendenza agisce inoltre come mezzo di divisione e disgregazione, dal momento tutto quanto si sottopone ad un continuo processo di differenziazione, fratturazione, moltiplicazione, ed il cui venir fatto a pezzi lacera il tutto verso l’esterno. Citando Lyotard stesso, “[c]ome viene chiaramente mostrato dallo sviluppo del sistema tecno-scientifico, la tecnologica e la cultura associatavi sono spinte della necessità di perseguire la loro crescita, e questa necessità è collegata al processo di complessificazione (di neghentropia) che avviene nell’area del cosmo abitata dall’umanità. La razza umana è, per così dire, spinta in avanti da questo processo senza avere il minimo controllo su di esso (…). E se oggi siamo capaci di diventarne coscienti, è solo per via della crescita esponenziale della scienza e della tecnologia” (1991, p. 64)
  32. (Land 2014, p. 514)
  33. (Shaviro: 2015, p. 8)
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