Lettere da Ocean Terminus

by / 9 Dicembre 2022

Ringraziamo l’autore, David Roden, per la disponibilità e la gentilezza nell’aiuto alla traduzione.

Lettere da Ocean Terminus (2016) è, come viene descritto nella pubblicazione originale su DISmagazine, “theory-fiction che esplora percorsi di uscita dal presente come trasformazioni aberranti e desideri di terraformazione”. Ma è anche, per lo sviluppo del pensiero di David Roden, un crocevia fra la forma che il suo linguaggio ha assunto fra il rigore del saggio di filosofia della tecnologia Posthuman Life (2014) e la frammentarietà poetica di Snuff Memories (2021). Il tema più ricorrente è la Disconnessione (elaborata già in un testo del 2012) come condizione di emergenza di un futuro post-umano – un concetto centrale sia per descrivere la relazione fra umano e tecnica, sia per descrivere quella fra il soggetto e il mondo.

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Il marciapiede ci sfreccia contro, illuminato dai fari. Oltre, il buio.
SARAH (V.O.)

Il futuro, per me sempre così chiaro, era divenuto come un’autostrada buia nel mezzo della notte. Eravamo in un territorio inesplorato… intenti a inventare la storia man mano che si procedeva. 1

Manichino

Nel racconto di Thomas Ligotti La torre rossa, una fabbrica abbandonata immersa in una terra incolta genera sinistre sorprese2. Non ci sarà mai concesso di riuscire a determinare i programmi di produzione della fabbrica. Nelle sue profonde fenditure di accesso, tra le ombre dei macchinari evaporati, scopriamo una qualche entità simile a una larva appena uscita dalla sua “tomba”. Un’altra ondata di oggetti privi di funzione disturba la quiete dell’Essere. Le uscite non sono che forme ironiche o teatrali di compensazione; questioni di spirito. Mi dici che la sua provvidenza è superflua. Ci ha tramutati in mostri, ma non ha avuto bisogno di gestirci.

Un vero modernista esiste nel passato. Il suo tempo zero; l’apertura di un fiore, futura barriera contro l’apocalisse dell’intelligenza artificiale.

“E non accade mai”. Il tempo di Terminator, ronzante, vitale, come lo vede Connor. Alcuni vedono il continuo aggiornamento, l’infinito  “tastare le nostre stesse psicopatologie” nelle profetiche parole di Ballard3. Marcatori di ferite sulla superficie di manichini: “forme geometriche complesse in carminio e in viola”4, come se queste fossero dissociabili dalle inclinazioni furtive del nostro passaggio, delle cose che ci bramano. Il pianeta è infestato. La densità della nostra luce è la stessa del petrolio.

Indici parziali che scorrono su un altro volto segnato dalla guerra. Il sopravvissuto nei tunnel sotto Chaillot sogna il molo principale di Orly dove, da bambino, fu catturato dal viso curiosamente magnetico di una giovane donna, e da un omicidio inspiegabile5

Il volto di lei lo riporta a quel momento sul molo aeroportuale, frazionando il presente.

Il viaggio nel tempo viene naturale, come una nevrosi.

Il sopravvissuto riceve aiuto dal futuro. La sua realtà, lungi dall’essere un motivo di speranza, conferma il nostro fatalismo. Perché, alla fine, egli deve sempre tornare indietro; è lui, ovviamente, che viene ucciso all’aeroporto. Il suo bel soggiorno nel passato ha prodotto il suo desiderio di morire con lei (mentre sogna il bambino che, di ritorno, sogna lui stesso).

Una serie di rigidità calcificate. Nonostante il passato racchiuso in un bel sogno bagnato, nulla ha subito un cambiamento. Ogni cosa è raccolta e disposta in soporifere fotografie. L’autostrada sfarfalla in un cinema abbandonato.

Il tuo corpo non ha nulla da dire. Esso possiede la sua propria privata malinconia, dalla quale noi stessi siamo esclusi. Abbiamo passioni che non ricordiamo, né comprendiamo. Fraintendiamo i nostri moventi; la loro immediatezza nasce dalla negligenza, che controbilancia le nostre scarse risorse computazionali6.

Questa sacca di spazio-tempo è una via d’uscita, ma non è l’unica7. Altre entità – la polvere viva, Skynet, forse tu stesso – potrebbero rivelarsi come privi di qualsiasi soggettività (nemocentrici)8.  

Così come stanno le cose, riusciamo a malapena a immaginare cosa siamo, e cosa potremmo fare. Eppure il nostro compiacimento è inattaccabile. Lo sappiamo – lo sappiamo (sento già le vostre risate acide a seguire). Il futuro non è più un nostro problema.

Medusa

Ci hai immaginato come fossili. Ogni parola, ogni persona, come disposte sulla sabbia dalle acque scure di Ocean Terminus.

Siamo stati tutti colpiti da un’arma da fuoco: tu, io, l’uomo e la donna sul molo. Il sole appare come un ascesso rosso sull’acqua. I vostri inimmaginabili figli – hanno forse un senso per coloro che aspettano? 

Concepiamo l’intelligenza come la capacità di adattarsi a un’ampia varietà di ambienti; questo implica uno spazio di agenti ordinati in base alla loro flessibilità9. Noi siamo lì in quello spazio, da qualche parte. A essere significativa è la capacità di realizzare i nostri obiettivi.

Ti sei messo pure a ridere dell’espressione “Intelligenza Artificiale Generale”. Ma paragonata a cosa essa è tale? Per gli altri, quegli altri che sono in fila con noi, siamo flessibili come i sexbot di Ashley Madison. Hai detto di aver composto l’algoritmo con il loro aiuto o con la loro tacita approvazione; l’hai chiamato “Torre Rossa”, ispirato da Thomas Ligotti. Successivamente l’hai inscatolato in una miniera d’oro abbandonata sotto la Tundra, e hai aspettato di morire.

Stiamo mantenendo una corrispondenza amichevole. Mi hai scritto che hai iniziato a sperimentare con il tuo corpo. Lo fai sotto il limo del terminale oceanico, da dove ti concedi il nostro ricordo. 

Si comincia con brandelli di reti connettive che mediano alcuni semplici sensori ed effettori; un ampio numero di istanze di varianti corporee. Quelle che sopravvivono alle pressioni di selezione spiralizzanti rimescolano i gameti attraverso la mutazione/meiosi o lo splicing di codici barocchi.

Consegni i mezzi di produzione in mano ai mostri che generano i pianeti; si schiudono con metriche che misurano la complessità e l’autonomia funzionale della loro ignobile progenie. E via così, giù per questo sentiero. Una ricerca massicciamente parallela, attraverso paesaggi di adattabilità che ricordano Dalì.

Non sai perchè e a cosa serva. La Torre Rossa continua solamente a cercare, mi dici. Questa è la vita.

DT

La tesi della disconnessione (DT) afferma che gli agenti costituiti tecnicamente diventano postumani quando imparano a funzionare al di fuori degli assemblaggi (poesia, munizioni, lingue, città, gruppi di vettori aerei, biota funzionali) che abbiamo costruito e da cui dipendiamo reciprocamente.

Non possiamo immaginare come questo avvenga. La DT codifica gli attuali livelli di non conoscenza. Nessuna regola ci dice con chi o cosa interagire.

La disconnessione è potente. Un fenomeno emergente non può essere previsto a partire dalle sue condizioni iniziali, a meno che non si esegua una simulazione che abbia proprietà simili10. Un vero e proprio predittore di un’entità DT – come un’IA prospettica o un’IA+ – sarebbe in grado di generare gli stessi tipi di differenze e intensità. Questo giudizio non potrebbe essere espresso senza una sperimentazione in vivo. La distinzione epistemologica tra la disconnessione e i suoi simulacri sembra così che evapori in una perfetta equivalenza baudrillardiana.

Noi adottiamo la logica della prelazione; ci accoppiamo in ambienti anomali. La nostra naturale preoccupazione per coloro che chiamate eufemisticamente “i nostri successori” può essere esplorata solo in modo irresponsabile. Non esiste una traduzione per “Una montagna ha camminato, o è inciampata”11.

Al momento, le crepe nella soggettività possono solo crescere. La filosofia è una risposta istaminica benigna, un dermografismo che ci permette di brillare impotenti nel buio. L’ingegneria e l’attesa si nutrono del futuro con soave parassitismo; l’arte, almeno lei, riconosce quanto tenui sono le sue relazioni. Così, replica Haraway, Cthulhu sembra un avatar del contagio geologico migliore di qualsiasi antropoide12.

Il cefalopode occupa questa dualità, una molteplicità di caratteristiche apparentemente incongrue – tentacoli e “braccia” multiple con ventose, un “becco” affilato come un rasoio, un sistema nervoso complesso, file di “denti” intestinali e una “testa” informe – la cui coerenza crolla una volta che si cerca di dare un senso all’intera creatura13.

Metanoia

Credo che tu abbia sempre rifiutato la vita dal punto di vista intellettuale, e ho percepito una sorta di piacere in questo tuo rifiuto. Anche se lo negavi, ti sentivo fremere di carnalità inversa. “Questo è già un tipo di viaggio spaziale”. Le anomalie erano più vere della pelle, e tu lo eri con un’insistenza che poteva essere scambiata per depressione da chi non ti aveva conosciuto bene. Sei diventata un veicolo di astrazione, ma per cosa? Quando te lo chiesi, mi offristi uno dei tuoi sorrisi inquieti. “Allo stesso modo, non esiste la morte”, mi hai risposto – con mestizia. 

Quando, in un’occasione, ti ho chiesto di spiegare questa apoptosi speculativa, mi hai rimandato alla macchina. “È facile investire la marionetta di una qualche sorta di desiderio. In fondo, lo facciamo già con noi stessi”.

Avevi una comunità allargata di sedicenti self-hackers. Tu li sfruttavi, e per questo loro, in cambio, ti amavano. Ricordo il tuo russo, con acume sulla difensiva riguardo all’impatto degli agonisti locali e degli impianti transcranici. Ma ha fatto centro quando ho parlato degli impianti subdermali. Penso alle tele-presenze che ti avvolgevano la pelle, e quegli altri che ventriloquiavano nella tua laringe e nella tua trachea. Speravi di diventare qualcosa che non potevi ancora vedere e scavavi nel futuro per trovare ciò che sarà proprietà di quel qualcosa oltre di te. Sogni acusmatici. Hai parlato da dietro delle maschere, degli schermi o dei punti di passaggio paradossali. Con una voce come quella degli uccelli proponevi una scienza senza oggetto, di quelle cose che oggi crediamo non assomiglino a nulla, e non partecipino a nulla.

Come l’algoritmo della Torre Rossa, Neil Cassidy, l’antagonista di Neuropath ci coopta in una forma di cognizione guerrigliera (anche se forse non la riconosciamo come tale)14. Non ci uccide, ma ci altera con le neurotecniche della NSA. Modifica le vie del dolore primario di una pornostar per generare orgasmi che provengono da tessuti danneggiati, così che si laceri a morte davanti a una webcam. Cassidy abduce la regione fusiforme di un altro corpo, bloccandolo in una gnosi di pupazzi senza volto.

Il piacere e il dolore, la personalità, la spiritualità: parametri manipolabili la cui contingenza operativa non fa che aumentare…

Neuropath lascia il lettore incapace di attribuirgli motivazioni o qualsiasi altra cosa a livello di carattere15. La Cosa di Cassidy ha usato le stesse neurotecnologie per sottrarre le sue illusioni di autostima e di comunione empatica con gli altri: “Quello che voi psicologi popolari chiamate ansia, paura… tutte quelle stronzate”.

Come il Joker di Ledger, egli è sempre fuori dallo schermo per tutta la durata della narrazione, è una versione beta di un “iperplastico” – un agente che può manipolare se stesso a una grana arbitraria.

Lo H-plast esiste al di là dello “spazio delle ragioni” in cui i religionisti soft-core sperano di cancellare le visioni di Lovecraft. L’irriducibilità del mentale al fisico non fa che confermare la sua dispensabilità a lungo termine – come è diventato imbarazzantemente evidente quando sono giunte le ecologie di overkill dei post-mortali.

La ragione e il significato sono fuori dal suo programma:

Per me sono poco più che ricordi. Ma mi sono anche preoccupato di disattivare alcuni dei circuiti più ingannevoli. Ora so, per esempio, che non farò assolutamente nulla. Non mi lascio più ingannare dal pensiero che “io” sia l’effettivo fautore di qualcosa16

In Crash Space17, le informazioni non vengono condivise.

Versioni successive non avrebbero naturalmente evitato le scarne dichiarazioni di Cassidy.

I vostri primi momenti di post-vita si annodano in qualche modo in una tempesta acida
di fosfeni che si sprigionano da miasmi di calcolo insenziente. Ingombri di macchine assopite da tempo ti circondano.

– arrotolati come serpenti bruciati contro un bagliore bianco.

– l’aria si fa pixelatata e ronzante.

La Torre Rossa è in stato di arresto. Tutte le scommesse sono annullate, mentre le agenzie di divaricazione si infiltrano nel substrato del reale.

Prometeo cthulhoide

Il prometeismo rifiuta la politica eco-identitaria e abbraccia il disequilibrio indotto dalla modernità e dall’illuminismo radicale. Contro coloro che vorrebbero mantenere il carattere della natura come di un “dono” non richiesto al di fuori della sfera della produzione, esso gode del suo scontato “riprogettare noi stessi e il nostro mondo su basi più razionali”18

Ma qual è il limite dell’ingegneria planetaria e cosmica? Dal momento che il prometeismo rifiuta l’attribuzione di scopi e identità, non ci sono vincoli al riordino della natura. Una natura completamente conforme si avvicina all’iperplasticità e quindi pone termine alla conformità. Parliamo di un’invocazione cthulhoide ai flussi di materia negentropica oscura.

Sotto, siete di un composto rosa e morbido. L’ammoniaca acida strappa via la carne cruda. Si apre la bocca laterale di una stella marina. Cassidy si smonta, sfasando verso un inferno di materia senz’anima…

La politica della non conformità avanzata

Potrebbe sembrare che le arti plastiche o performative siano ostacolate (al contrario della narrativa) dalla chiara assenza di postumani. Come affrontano questo concetto vuoto?

È interessante notare che questa domanda ribalti completamente le cose. Il concetto di disconnessione è una risposta al disturbo autoaccrescitivo e al cambiamento dispersivo. Pensare all’iperplasticità ci costringe a essere onesti sul nostro rapporto con l’oscurità esterna. I suoi risultati sono salutari ma non sostanziali. Una nuvola di ali nere fluttuava sopra il deserto. Potnia Theron, Medusa. Padrona degli animali, e di tutto ciò che si trova al di là degli interstizi del pantano; la pelle iridescente dove un dio potrebbe sospendersi19.

Cosa si nasconde dietro la tua maschera dipinta di giallo? Un giorno lo hai accennato: “La finitudine deve essere ricodificata, riformattata, all’infinito. é una necessità politica di un tipo tutto nuovo”. In quel momento avevi i mezzi per equivocare la morte del sesso con l’ingegneria speculativa20.

Se il nostro rapporto con il lontano futuro è senza regole alcune, allora il genere o l’istituzione non lo possono confinare. Lo scopo dell’estetica non è di concettualizzare l’estrema modernità, ma di esacerbarla e quindi interpretarla.

Il tuo crimine formativo è stato quello di mettere in discussione la sovranità del presente. “Il denaro”, hai detto ai tuoi sponsor, “è solo un derivato della trascendenza”. A tal fine, siete stati tra i primi a far scansionare in maniera distruttiva i loro propri corpi per il caricamento dei vettori. Era un’altra attrattiva, certo, ma non credo che coloro che vi hanno seguito nell’Inferno della Materia abbiano capito che d’ora in poi sarebbero diventati ferite che corrono lungo sepolcri induriti.

La disconnessione dell’élite post-mortale non potrebbe che esacerbare le eco-jihad. L’aria si colma di ritmi cupi e disturbati, di cannoniere semiautomatizzate che trafiggono le teste vive dei nostri nemici. Inevitabilmente, le vostre truppe fanno irruzione nei cieli. N-bot di materia intelligente sopra calde tempeste coronali. La Oesophagus crivella il nucleo con scie di materia degenerata, attualizzando l’iperintelligenza in un continuo impilato. Altrove, il Vero Comunismo ci beatifica con l’uscita dall’ipermodernità entropica, per offrirci una breve stagione da turisti.

Punti di riferimento. Non-luoghi incoerenti digeriscono le città precedenti – gli immensi, affamati fantasmi di Ballard. Dov’è che siamo, adesso?

La domanda è stata cancellata in un’ampia liminalità. Swarm City: un’arteria micogotica, come i pilastri di una sorta di R’lyeh da attraversare al volante. Figure nomadi iscrivono flussi e gorghi luminosi, implementano l’ottimismo della distanza su di un codice temporale ereditato. Gli idem secernono dati spazzatura come fossero sensazioni dense. Galassie di termiti nella notte. Si mettono a camminare, come ubriachi a una festa fetish, ma non ricordano l’esistenza di alcuna destinazione. Trasmettono flotte di emoticon, ardenti carezze neuronali; passano oltre.

Una voce femminile intona in un roco accento nordamericano. Linee di demarcazione si dispiegano nel gorgo blu dei fari. Aumento la sensibilità del sensore di luminosità: il filmato si sovrappone a un Mondo-0 monocromatico (che i contenuti para-visivi fanno apparire perifericamente). Una vulva color acquamarina entra in loop nel mio campo visivo.

Il futuro, sempre così chiaro per me….

Eppure, gli effetti del cambiamento scaturiscono dalla complessità e dall’efficacia dell’infrastruttura disseminativa, dal tech-spoor multistabile, e non dalle relazioni di scambio o dall’habitus del Signore Oscuro. Ci possono essere altre uscite dallo zero moderno (la disconnessione è una sorta di uscita, in effetti). Ma la fine della fine è a portata d’occhio, in una matrice di possibilità che non speriamo più di dominare.

Tu sei dentro di me, che trasformi gli organi in eccesso in fumo. Tutto sopravvive a se stesso, a Ocean Terminus. Sei seduto in un labirinto di pietra che sanguina, vestito di visceri. Una maschera di piastre di cuoio sovrapposte siede sul tuo viso. La tua cloaca che si apre, calda e perfetta.

Sono dentro di te, alla fine. Poi, la montagna inciampa da qualche parte; un suono enorme rimbomba nel nostro silenzio. Non sappiamo dargli un nome.

***

David Roden è un filosofo e scrittore inglese. Ha insegnato a lungo alla Open University, UK, interessato principalmente alla questione del postumano dal punto di vista etico ed epistemologico. Ha pubblicato per Routledge (2014) il saggio Posthuman Life: Philosophy at the Edge of The Human, e per Schism (2021) il libro Snuff Memories.

  1. Cameron, James, and William Wisher. Terminator 2: judgment day. USA, 1991.
  2. http://weirdfictionreview.com/2011/12/the-red-tower-by-thomas-ligotti/
  3. Ballard, J. G,. Crash. London, Vintage, 1995 (Feltrinelli, Milano, 2015)
  4. Crash, 122 (114)
  5. La Jetée, (dir) Chris Marker 1962.
  6. Thomas Metzinger, Being-No-One: The Self-Model Theory of Subjectivity (Cambridge, MA: MIT Press, 2004)
  7. ivi, 161
  8. ivi, 336
  9. Legg, Shane, and Marcus Hutter. “Universal intelligence: A definition of machine intelligence.” Minds and Machines 17.4 (2007): 391-444.
  10. Bedau, Mark A. “Weak emergence.” Noûs 31, no. 11 (1997): 375-399
  11. H P Lovecraft, “The Call of Cthulhu” in The Complete Fiction of H P Lovecraft, eBook
  12. Donna Haraway, “Anthropocene, Capitalocene, Chthulucene: Staying with the Trouble”, https://vimeo.com/97663518
  13. Thacker, Eugene. Tentacles Longer Than Night: Horror of Philosophy. Vol. 3. John Hunt Publishing, 2015, p. 149; pp. 172-4.
  14. R. Scott Bakker, Neuropath (London: Orion, 2010), eBook.
  15. See Steven Shaviro, ‘On Scott Bakker’s Neuropath’ in Discognition. 2016, Repeater.
  16. Neuropath, p.346
  17. Bakker, R. Scott. “Crash Space.” Midwest Studies In Philosophy 39, no. 1 (2015): 186-204
  18. Ray Brassier, “On Prometheanism and its Critics”, in Robin Mackay and Armen Avenessian (eds), #accelerate: The Accelerationist Reader (Falmouth: Urbanomic), p. 487.
  19. Zeimbekis, M. “Nurturing the natural’: a cognitive approach in the study of the Xeste 3 aquatic imagery.” Bar International Series 1432 (2005): 242.
  20. http://additivism.org/tagged/what
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